martedì 16 luglio 2013

ADHD: la FDA approva il primo neurotest diagnostico

Negli USA la diagnosi infantile di Sindrome da Deficit d’Attenzione e Iperattività (ADHD) va di gran moda, così come  il conseguente trattamento amfetaminico, specie con metilfenidato. Il giro d’affari sviluppatosi in quarant’anni attorno a questa sindrome complessa e al suo controverso trattamento farmacologico è impressionante. Si parla di un’incidenza mondiale della sindrome pari al 3-5% dei bambini, ma mentre negli USA quasi 1 su 10 viene diagnosticato almeno parzialmente o momentaneamente ADHD, in Francia si arriva a meno di 1 caso su 200. Medici, psicologi, famiglie formano veri e propri partiti pro e contro l’adozione di farmaci e la diagnosi facile. Nel bel mezzo di questa discussione irrisolta ed epocale, la FDA ha approvato oggi per la prima volta un test neurologico che si basa sul rapporto tra due frequenze cerebrali ben note a chi si occupa di encefalografia quantitativa e di neurofeedback: theta (4-8 Hz) e beta (16-19 hz).
Semplificando al massimo, in un soggetto funzionale le onde theta (a bassa frequenza, molto presenti in stati ipnotici e meditativi, nonché in alcune fasi di passaggio tra dormiveglia e sonno profondo) dovrebbero essere misurabili in maggiore quantità nella zona parieto-occipitale del cervello, digradando verso la zona frontale, distribuendosi in maniera equilibrata tra i due emisferi; le onde beta, proprie dello stato di veglia (e di alcuni picchi del sonno REM) sono al contrario più presenti nella zona frontale, con una lieve asimmetria a vantaggio dell’emisfero sinistro. Il rapporto numerico tra ampiezza delle onde theta e beta in alcune zone frontali e frontoparietali specifiche (su tutte F3, C3, C4, usando la classificazione encefalografica 10-20) quantifica l’attivazione delle medesime aree e costituirebbe un marker per i disturbi d’attenzione (T-B > 3-3.5 su F3, C3, CZ) e per l’iperattività (T-B >3-3.5 soprattutto su C4 e CZ).
Un intervento di rieducazione di questo rapporto tra onde tramite autoapprendimento (neurofeedback) sembra essere efficace nel migliorare tanto la componente disattentiva quanto l’iperattività. Anche qui i dati sono controversi: nel 2005 negli USA il Professional Advisory Board of CHADD concludeva che il neurofeedback ha efficacia 2 su una scala 1-5 (possibly efficacious), poi nel 2009 Arn stabiliva in base a nuovi studi un livello 5 (efficacious and specific) e nel 2011 una review di Lofthouse ha riabbassato questo orizzonte al livello 3 (probably efficacious), mentre nel 2013 si ridiscute un innalzamento al 5. Difficile capire se si tratta di disquisizioni contenutistiche, metodologiche o lobbistiche.
In ogni caso è arrivato il via libera al dispositivo 'Neuropsychiatric Eeg-Based Assessment Aid (Neba) System' che, basandosi proprio sulla registrazione non intrusiva delle onde cerebrali e sulla successiva analisi del rapporto theta-beta, in un quarto d’ora di test non invasivoriesce a fornire informazioni cliniche che vanno sommate alla valutazione psicologica/psichiatrica per una corretta diagnosi. Tra parentesi, questo dispositivo può essere tranquillamente emulato dall’utilizzo di qualunque amplificatore di onde cerebrali professionale collegato a un pc, magari con l’ausilio di software ad hoc o di schermate disegnate per semplificare la valutazione del rapporto t/b, come queste.
Quale sarà l’effetto di questa approvazione? Una correzione al ribasso delle diagnosi statunitensi? Un ampliamento mondiale delle diagnosi? Un semplice strumento in più a disposizione dei clinici?

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