giovedì 27 giugno 2013

Psicologia digitale: Italia in ritardo di quindici anni.

Il binomio psicologia-internet esiste in modo embrionale sin dagli albori della rete stessa. Internet nasce col nome di Arpanet negli USA, nel 1969, con intenti militari. Acquisisce il nome internet solamente quattordici anni più tardi e diviene di pubblico dominio e utilizzo – in una veste simile a quella che conosciamo attualmente – a metà degli anni novanta. Già nel 1972, però, nel corso della Conference on Computer Communication organizzata a Stanford, si vuole dare un saggio delle potenzialità in fieri di una maxirete di computer sempre attivi, simulando una sessione di psicoterapia tra interlocutori distanti. Il primo approccio alla cosiddetta e-therapy, come viene definita per generalizzazione ogni forma di intervento psicologico
a scopo terapeutico on line, arriva con l’invenzione delle primissime forme gruppali di supporto all’auto-aiuto via rete.


Dai gruppi di auto-aiuto alla vera e propria consulenza psicologica on line, il salto è probabilmente spontaneo ma non certificabile. Non esiste in pratica un momento specifico in cui un professionista, in quegli anni, comincia a pubblicizzare il proprio intervento via computer. Di certo il primo esperimento a livello accademico risale al 1986, si chiama Ask Uncle Ezra e si deve a Jerry Feist e Steve Worona, che lo pensano come servizio di supporto gratuito per gli studenti della Cornell University, a Ithaca, NY.
Qualche anno dopo, internet esplode in tutta la sua rivoluzionaria onnipresenza totisimultanea e gli specialisti della mente più inclini alla sperimentazione e più informaticamente alfabetizzati iniziano a muoversi a tentoni all’interno della nuova realtà. Gli anni Novanta del secolo scorso segnano il boom delle tecnologie di comunicazione a basso costo e i terapeuti in rete diventano centinaia. Nel decennio successivo si moltiplicano i siti dedicati all'aiuto on line tra USA, UK, Canada, Giappone, Israele, Australia. In Italia siamo semplicemente in ritardo di una quindicina d'anni, tanto che ancora oggi tutto questo sembra rivoluzionario, gli ambienti accademici non ne parlano, l'establishment delle terapie convenzionali si mostra impermeabile, quando non oppositivo. Il progetto Zheng è un nano (italiano) sulle spalle di giganti (stranieri), ma almeno è un nano vivo e in crescita.

Nessun commento:

Posta un commento